Intervento di Roberta Mariotti (Psicologa, psicoterapeuta e mental coach)
Buongiorno a tutti!
Prendo l’assist di Monica, che ci ha introdotto al tema dello sport, e risponderei alla prima domanda (Come sono arrivata a diventare ciò che sono e come sono arrivata a fare ciò che faccio), usando un esempio sportivo e le parole di Michael Jordan: “Practice, practice, practice”.
E qui potrei anche concludere l’intervento per essere breve, concisa e sfatare la convinzione che le donne parlino troppo! Ma vi dirò qualche parola in più sul motivo per cui sono qui e sono onorata di condividere con voi alcune riflessioni.
Sono arrivata a fare il mio lavoro per una serie di coincidenze, incontri, di connessioni, non sempre fortunate, talvolta casuali. Nel tempo ho scoperto che potevo rendere le scelte della mia vita più intenzionali e indirizzate verso un obiettivo, che inizialmente non mi era così chiaro, ma si è chiarito nel tempo, rendendo la pratica (ciò che svolgevo) più consapevole e orientata al miglioramento. La mia pratica non è consistita solo nel ripetere ciò che sapevo fare, ma è diventata un vero e proprio allenamento intenzionale che ha cambiato nel tempo il mio stile di vita. A un certo punto della mia vita ho capito che potevo fare meglio il mio lavoro, ciò che stavo facendo per vivere, e ho cominciato a usare dei metodi per farlo. Il mio lavoro è sostanzialmente questo è sempre diverso ogni giorno, ma lo svolgo con metodiche che partono da scoperte che la scienza e soprattutto le neuroscienze hanno fatto, metodi che ci aiutano a uscire da situazioni, da trappole mentali o comportamentali; metodi che ci consentono di arrivare a ottenere dei migliori risultati. E tali risultati li ho osservati in ogni situazione, anche in quelle inizialmente molto critiche. Ho avuto il privilegio nel mio lavoro di incontrare tantissime persone, con differenti problematiche, ma ho assistito a miglioramenti straordinari, a volte impensabili, anche in presenza di disabilità o di grandi difficoltà personali. E’ vero che ho allenato anche sportivi che sono arrivati a vincere sfide elevate grazie al loro talento e alla loro tenacia, ma un segreto che ho imparato nel mio lavoro è che puoi avere anche un gran talento, ma se non pratichi l’allenamento con intenzione, il talento rimane solo un’inclinazione, e puoi essere addirittura superato da chi ha minori capacità, ma più costanza e determinazione nella pratica di una disciplina. E poi c’è anche un’altra riflessione che vorrei condividere con voi: una delle maggiori difficoltà che riscontro frequentemente oggi nel mio lavoro è che siamo molto focalizzati su ciò che dobbiamo fare bene, meglio, sempre di più e meglio. L’attenzione alla performance - economica, professionale, sportiva - spesso è esasperata e stiamo perdendo di vista la consapevolezza che qualunque performance è fatta da un uomo, e se l’uomo non riesce ad avere una sua solidità, una sua forza, una sua capacità di affrontare le sconfitte - sì proprio le sconfitte – non riesce a migliorare perché il successo arriva quando riusciamo a metabolizzare una sconfitta o una serie di sconfitte, e riflettiamo, osserviamo i nostri errori, capiamo cosa abbiamo sbagliato - senza distruggerci o assolverci trovando alibi - e cosa possiamo fare per correggere ciò che può essere fatto meglio, con la consapevolezza e la fiducia che il miglioramento è sempre possibile, ma dobbiamo capire come concretizzarlo. Rispetto a ciò lo sport ci aiuta tanto. Il lavoro che ho fatto con gli sportivi, ma anche in azienda, mi ha aiutato tanto a essere concreta e veloce, a migliorare l’efficacia e l’efficienza del mio intervento per facilitare il miglioramento negli altri, nel loro lavoro, nella loro vita. Le sfide nello sport, come nell’impresa, spesso richiedono velocità di azione, perché il mondo cambia rapidamente, perché spesso sappiamo che non possiamo aspettare, perché sappiamo che probabilmente non avremo altre occasioni per vincere un titolo, per conquistare un successo. Dobbiamo essere pronti a cogliere le occasioni che capitano o a costruirne di nuove.
Ogni giornata del mio lavoro è diversa perché non sempre so se la persona o il gruppo con cui lavorerò ha difficoltà elevate o minori, ha grandi capacità o, al contrario, ha scarse risorse. Credo che non sarei arrivata a fare bene il mio lavoro se non avessi sviluppato la capacità di mettermi in connessione con le persone, di cogliere ciò che le persone possiedono, per valorizzarle e aiutarle a sviluppare le loro abilità.
La capacità di valorizzazione - come insegna il socio rotariano Claudio Widmann - è importante per lo sviluppo della persona e del gruppo. Ogni situazione e persona è diversa, ma il cambiamento è sempre possibile, partendo da ciò che le persone hanno, facilitando lo sviluppo di potenzialità, che talvolta non sanno neppure di possedere, ma le scopriranno quando le avranno realizzate. Ciò è sempre possibile anche in situazioni critiche di disabilità o in difficili situazioni personali.
E’ evidente che per produrre cambiamenti positivi e solidi occorre un metodo scientifico, che coinvolga e metta in relazione ciò di cui ogni essere umano è dotato, ovvero i nostri tre sistemi: la mente, il corpo e le emozioni; sistemi in continua interazione, come ci hanno insegnano i neuro-scienziati dell’Università di Parma - uno dei gruppi di eccellenza del nostro paese, coordinati dal professor Giacomo Rizzolatti. La scoperta dei neuroni specchio ha rivoluzionato e ampliato le nostre conoscenze sull’uomo e la sua interazione con gli altri e il mondo e ci ha aiutato a sperimentare metodi efficaci anche per produrre concreti cambiamenti nell’ambito della psicoterapia e delle neuroscienze della performance.
Quando intendiamo raggiungere degli obiettivi la prima area di cui siamo responsabili è quella del nostro corpo, a volte funziona bene, altre meno, talvolta è stanco e ha bisogno di riposo, a volte è attivo e pieno di energia. La seconda area di responsabilità è quella dei nostri pensieri, su cui non abbiamo un controllo assoluto e spesso perdiamo di vista che noi non siamo i nostri pensieri, ma abbiamo dei pensieri, pensieri che dipendono o sono influenzati da ciò che stiamo vivendo, da ciò che sentiamo. A volte per esempio combattiamo con i nostri pensieri, dimenticando che quando stiamo male, siamo stanchi, o in ansia per una sfida, difficilmente si affacciano in noi dei buoni pensieri: prima di una partita decisiva o di un importante consiglio di amministrazione, la nostra mente può essere affollata da emozioni contrastanti, da pensieri generati dallo stato di preoccupazione e così, se non siamo sufficientemente allenati a notarli, anziché combatterli o lasciarli transitare, può succedere di peggiorare la situazione entrando in uno stato di maggior tensione. Ciò non è una novità alla luce delle scoperte delle neuroscienze, pur tuttavia non sempre è chiaro come utilizzare i nostri pensieri, le nostre emozioni, come ritrovare la lucidità e focalizzazione in stati di tensione e non perdere energia.
Il mio lavoro è appunto questo: aiutare le persone a risolvere problemi, difficoltà di vario tipo, utilizzando ciò che possiedono, nel bene e nel male. Non introduco nulla che non abbiano già, ma utilizzo e ri-oriento le loro risorse. Ogni persona ha potenzialità, ma non tutti sanno come allenare la loro mente a produrre pensieri più efficaci o a gestire meglio le emozioni perché diventino una spinta verso un’azione migliorativa e non depotenziante o negativa.
Questo è il mio lavoro che nel tempo mi ha portato a incontri interessanti, partendo dagli studi e dalle ricerche di antropologia, mossa dalla passione per la ricerca, per il funzionamento dell’uomo, della cultura, delle società, delle diversità. Poi, specializzandomi ho avuto il privilegio di aver incontrato ed essere stata formata da Paul Watzlawick - eminente professore del Mental Research Institut di Palo Alto in California, e fondatore con Giorgio Nardone del Centro di Terapia Strategica – e da questi maestri ho appreso un metodo concreto, pragmatico che mi ha consentito di lavorare su più fronti e in più situazioni. Lo strumento utilizzato nel mio lavoro è la parola, la comunicazione; ho imparato però a usarla come il chirurgo usa un bisturi, perché nelle situazioni difficili non puoi dire troppo, devi ascoltare, connetterti e dire solo ciò che serve a produrre in cambiamento, e non è facile capire ciò che serve e quali parole saranno efficaci. Come ci sono arrivata? Pratica, pratica, pratica, ma una pratica dove ogni giorno cerchi di correggere quello che puoi fare meglio. Puoi sempre fare meglio! Devi però accettare – questa è stata una bella scoperta nel mio lavoro - che il successo è un punto di transito, non è mai un punto di arrivo. Noi arriviamo a vedere cosa siamo in grado di realizzare nel momento in cui lo realizziamo, e quando accade ciò parte la nuova sfida, perché il successo è già passato, già finito e dobbiamo guardare alla prossima sfida, proprio come fanno gli scienziati, che continuano a tenere accesa la loro passione per fare nuove scoperte.
Credo che nel condividere i valori rotariani noi abbiamo la possibilità di appoggiarci ai nostri principi, ai valori che possono aiutarci a focalizzarci meglio, a ritrovare in noi stessi quella forza o quell’energia per superare momenti di difficoltà.
Ricordo nel primo anno in cui sono entrata al Rotary nel 2014 ho avuto il privilegio di incontrare la senatrice Elena Cattaneo, una scienziata che rappresenta per me quello che uno scienziato dovrebbe sempre fare: portare se stesso, il cuore e la passione per la ricerca, in tutto ciò che fa, senza perdere di vista il suo essere uomo con tutte le difficoltà e criticità che dovrà affrontare. Questo incontro, con la senatrice Cattaneo, unito alla conoscenza delle persone del mio club che mi hanno introdotto al Rotary, mi ha fatto riconoscere che nel mio percorso c’erano dei valori già condivisi, perché credo che non sarei riuscita a diventare ciò che sono se non avessi avuto dei genitori, che hanno il merito di avermi trasmesso quei valori che hanno rappresentato la mia bussola. Tanti sono i valori che mi hanno trasmesso, ma determinanti per il mio lavoro e la mia realizzazione sono stati tre: la responsabilità, che mi ha portato mettere l’impegno nel mio lavoro, in tutte le cose che faccio, la condivisione (insita nell’essere rotariano), la capacità di convivere con gli altri, di condividere, che non è scontata, si apprende con le esperienze che si fanno; il terzo valore è la generosità. Nel mio lavoro e nella mia vita ho scoperto che l’essere generosi porta a ottenere di più e questo valore l’ho preso dai miei genitori, ma l’ho ritrovato nel Rotary.
Infine: il governatore Paolo Bolzani ci chiedeva qual è la nostra visione: Cosa immaginiamo per il futuro?
Il Rotary dipende da noi da quello che noi immaginiamo di poter fare, che non sappiamo con certezza dove ci porterà. Un elemento fondamentale per la leadership, per i leader è riuscire ad avere la capacità essere connessi con le esigenze, con le persone, con i territori, mantenendo un atteggiamento aperto verso gli altri, flessibile, ma centrato sui valori. In questo modo riusciamo con autorevolezza a essere di esempio, di ispirazione per gli altri, mostrando apertura e al tempo stesso solidità nei nostri valori.
Cosa significa ciò in concreto? I nostri sogni sono da immaginare da progettare, credo che il nostro compito, come quello di ogni leader efficace, sia innanzitutto ispirare le persone perché possano dare il meglio di sé, stando attenti a non deprimere, ma a motivare, perché i sogni si possano realizzare, nonostante situazioni di crisi congiunturali, strutturali, mantenendo viva l’idea di ciò che possiamo realizzare e migliorare insieme.
Le basi sono riuscire a essere come siamo ma aprendoci alla possibilità di migliorare e se lo facciamo insieme, le possibilità di miglioramento diventano straordinariamente ampie.
Proviamo allora a immaginare il Rotary come un grande albero con delle profondissime radici, un tronco solido, e voglio lasciarvi con l’idea che la chioma possa diventare ancora più florida. Perché ciò avvenga credo sia necessario mantenerci radicati e centrati nei nostri valori, ma aperti al mondo, al cambiamento e soprattutto ai giovani.
Grazie per l’attenzione!
© Roberta Mariotti 16 3 2019
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