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Come prendiamo le decisioni in condizioni di incertezza?

La neuro-economia e la finanza comportamentale descrivono i nostri comportamenti reali e i più frequenti errori decisionali, superando la convinzione che l’essere umano - in quanto dotato di razionalità - prenda decisioni obiettive, scegliendo l’opzione più vantaggiosa. A volte, affrontiamo i problemi con razionalità, in modo logico, sistematico, volontario. Altre volte invece, consideriamo le questioni in modo intuitivo, senza sforzo, a livello generale ed emotivamente. Grazie alle ricerche sul processo decisionale - condotte dal premio Nobel per l’economia Daniel Kahneman1, con Amos Tversky - oggi sappiamo che la nostra mente impiega due sistemi di pensiero differenti: - pensiero veloce, opera in fretta e automaticamente, con poco o nessuno sforzo, senza controllo volontario. E’ il pensiero che attiviamo quando riconosciamo un suono, un’emozione del volto, oggetti abituali, per notare distanze, per leggere o comprendere frasi semplici o rispondere al calcolo di 2+2. - pensiero lento, il lavoro mentale riflessivo, impegnativo e ordinato. E’ il pensiero che indirizza l’attenzione verso attività mentali impegnative che richiedono focalizzazione, come ad esempio i calcoli complessi.La mente umana ha un potere di elaborazione limitato, soffriamo di disattenzione, spesso commettiamo errori di giudizio, scegliamo, senza rendercene conto, delle scorciatoie mentali, decidiamo basandoci su pregiudizi, non necessariamente corrispondenti all’evidenza, ma sviluppati interpretando - talvolta fallacemente - le informazioni possedute. Se la velocità di pensiero può salvarci la vita, intuendo una possibile aggressione e consentendoci una rapida fuga dal pericolo, la stessa potrebbe determinare decisioni fallaci in campo finanziario. I cosiddetti bias cognitivi, ossia gli errori di giudizio derivanti da pregiudizi, autoinganni e distorsioni nella valutazione non sono eliminabili, si può tenerne conto solo a posteriori e diminuirne gli effetti distorcenti, correggendo le nostre azioni. Imparare a riconoscere le situazioni in cui potrebbero nascere tali errori di valutazione è importante soprattutto quando la posta in gioco è alta. Per imparare a non lasciarci trarre in inganno, vediamo, dunque, quali sono i più frequenti errori di giudizio, le trappole mentali che possono influenzare le nostre scelte finanziarie. 1. Presunzione (Overconfidence). E’ l’insidia delle false certezze, dell’eccessiva sicurezza di sé, delle proprie conoscenze o capacità, che porta a sottovalutare i rischi di un investimento. 2. Euforia. L’essere umano ricerca il piacere e fugge il dolore. Per questo motivo qualcuno sviluppa un ottimismo eccessivo e si lascia trascinare dall’euforia dei mercati, dall’ottimismo poco realista di chi si focalizza su risultati desiderati, sopravvalutando la probabilità di eventi positivi e sottostimando quella di eventi negativi. 3. Ricerca di conferma. Tutti pensiamo di aver ragione, dal nostro punto di vista, ma quando non freniamo la nostra ricerca di consenso, finiamo per ascoltare solo le conferme, escludendo le critiche. Attivare il nostro senso critico o ascoltare anche l’”avvocato del diavolo” è una sana abitudine, che può farci guadagnare o contenere le perdite! 4. Attribuzione. E’ facile fare errori di valutazione tra fattori interni ed esterni. Può capitare di attribuire a noi stessi il merito di scelte andate a buon fine e incolpare altri per quelle andate male. Per non cadere in questa trappola, dovremmo guardare gli errori del passato, individuando obiettivamente, senza cercare alibi, le responsabilità nostre, altrui o situazionali. 5. Senno di poi. Le valutazioni a posteriori spesso non tengono in considerazione dei dati di cui disponevamo quando abbiamo preso una decisione. Giudicare il passato dalla privilegiata posizione del presente, non è utile a prevedere il futuro e non ci aiuta a prendere in considerazione l’imprevedibilità dei mercati. 6. Effetto “campanile” (Home bias). Ciò che conosciamo da vicino ci appare migliore: preferiamo prodotti, consigli, servizi, banche locali. Questo è uno degli errori più frequenti che conduce i risparmiatori, contro ogni evidenza e convenienza, a non diversificare il portafoglio per prodotti, settori, Paesi, riducendo i rischi. 7. Illusione del controllo. Convivere con il caso è difficile, ma è necessario imparare a farlo, tenendo conto dell’imprevedibilità e valutando i rischi. Come non abbiamo il controllo assoluto degli eventi, così non possiamo illuderci di controllare l’andamento del mercato, che è soggetto a eventi imprevedibili, anche improvvisi. 8. Rimpianto. Se vogliamo migliorare i nostri investimenti, dobbiamo imparare a prendere decisioni, guardando al futuro, accettandone l’incertezza. Piangere sul latte versato, o mettere in discussione decisioni ormai prese, è inutile e dannoso. 9. Status quo. E’ la tendenza che ci porta a non agire e ad aspettare fatalisticamente che le cose peggiorino. La nostra naturale avversione alle perdite si lega alla difficoltà a lasciare o a sopravvalutare ciò che possediamo (effetto dotazione). Così, talvolta, procrastiniamo o stiamo immobili, piuttosto che cercare, agendo, di ridurre l’impatto negativo di investimenti sbagliati.

Bene, se avete individuato qualcuno dei vostri errori, non punitevi, ma siate pronti a evitarli! Come suggerisce Frank J. Barrett2: “Agite prestando attenzione a ciò che accade, strada facendo”.



1 Daniel Kahneman (2011) Pensieri lenti e veloci 2 Frank J. Barrett (2013) Disordine armonico. Leadership e Jazz

© Roberta Mariotti

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